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che custodisci l’odio tuo, gelosa

fino a temer ch’ io ne trionfi.
Andromaca. E ch’altro
deve al figlio d’Achille
la vedova d’Ettorre?
Pirro. Altro gli debba
la madre d’Astianatte.
Io da Ulisse, io da tutta
la Grecia il salverò. Gli sarò padre;
l’avvezzerò a’ trionfi, ond’egli possa
rimetter Troia e vendicarla ancóra.
Se lontana grandezza
per lui non ti lusinga, orror ti mova
del suo vicin periglio.
Dimmi solo ch’ io speri, e salvo è il figlio.
Eleno. Che dirá mai?
Andromaca. No. Ancóra
non è si disperato amor di madre
ch’abbia a porre in obblio dover di moglie.
Per deluder Ulisse
ho core, ho ingegno, ho via. Basta che Pirro
non tradisca l’arcano.
Ma tua virtú me ne assicura. In campo
d’ inganno e frode esca a pugnar l’uom scaltro
con chi è femmina e madre.
Pirro. Ma se avverrá che tu sia vinta, e penda
sovra Astianatte asta o coltello?
Andromaca. Oh Dio!
Pirro. Prezzo di sua salvezza
allor non mi sará lieve speranza.
Andromaca. Ah, che allor tremerá la mia costanza!
Pirro. No, non mi basterá, bocca vezzosa,
che tu mi dica allor: «amami e spera».
Ti chiederò in mercé fede di sposa,
e amante ti vorrò, non lusinghiera.