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Troia che miri in cenere

d’Asia saria regina,
ma una fatai beltade
accese in sua rovina
l’incendio struggitor.

SCENA IV

Pirro, Eleno e poi Andromaca.

Pirro. Ciò che in favor d’Andromaca finora

s’è fatto, Eleno, è poco.
Eleno. E qual d’ Ermione
peggior nimico?
Pirro. Ulisse. Ei la minaccia
nella vita del figlio.
Andromaca. Il mal piú grave
che farmi egli potria, morte giá fece,
E chi tutto perdé, nulla piú teme.
Pirro. Eh, guai per te, se meglio
non l’ascondi al nimico
che non festi all’amante. Ancor sei madre;
non Eleno od Apollo, amor inel disse.
Si, Pirro il sa; ma non lo sappia Ulisse.
Eleno. Quanto vede un amante! e l’ingannarlo
quanto è diffidi cosa!
Andromaca. Se questo qualsisia volto infelice
desto in te non avesse
un amor ch’ io piú temo
dell’odio tuo, con vana diffidenza
offesa non avrei la tua virtude.
Pirro, il dirò: non al nimico il figlio,
l’occultai all’amante. In lui potevi
trovar con che atterrirmi.
Pirro. O dispietata