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Non dèe perfidia ed odio

in cor fraterno amante
i sacri nodi sciogliere
del sangue e dell’amor.
Simeone. (Ei mi guarda e si turba.)
Giuseppe. Noi diss’io, che imposture eran le vostre?
Pretesto di soccorso, esploratori
qui giá vi trasse a macchinar congiure.
Noi diss’io? noi previdi? Eran nemici
que’ supposti fratelli. Un anno è corso,
né tornan anco? Ov’è la fede? Iniquo,
del loro error tu pagherai la pena.
Simeone. Testimon sia del vero,
signor, ridirti il detto. Il menzognero
mal sostien sue menzogne
e ricordanza in falsitá si turba.
Fame crudel dalle natie contrade
di Canaán a questa
reggia ne spinse, onde ristoro averne.
Dodici figli siam d’un solo padre.
Dieci tu ne vedesti.
L’un morte ne rapi. L’altro, il minore,
alla cura è rimasto
del vecchio genitor.
Giuseppe. L’ombre ei potea
dissipar de’ miei dubbi.
Vel chiesi; il prometteste. A che si lungo
indugio? Egli non vien. Siete impostori.
Simeone. Ah! non altro il ritien che amor di padre.
Al buon vecchio qual pena,
staccarselo dal seno! Ai rischi esporlo
del cammin disastroso! Egli è l’oggetto
dell’amor suo, dell’etá sua cadente
il sostegno e ’l conforto.
Giuseppe. (Alma, resisti.)
Simeone. Troppo fitto nel seno