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Claudio. Altre chiome, altre luci avea la bella,

altro aspetto, altro senno... Eh, non sei quella.
Albina. Quella non son? T’intendo.
Te, incostante amator, stringe altro laccio.
Sempre nel nuovo oggetto
ritrova l’infedel beltá maggiore.
S’io la prima non fossi, or la piú bella,
perfido, mi diresti, e sarei quella.
Claudio. T’inganni. Albina il primo,
Albina il solo amor fu di quest’alma.
E s’io dovessi amar, fuori di lei
altra non amerei.
Albina. Perché dunque sprezzar chi si ti piacque?
Claudio. Chi vuol gloria ottener scuota di amore
il tirannico gioco; io gloria cerco.
Albina. E ti par gloria, iniquo,
mancar di fé? Di semplici donzelle
sedur gli affetti e poi schernirli? Questi
son del Tebro gli eroi?
Son queste le tue glorie? i fasti tuoi?
Claudio. Non è poca fortezza
vincer i bassi affetti; ho sciolto il nodo,
e di mia libertá trionfo e godo.
Albina. Godi pure e trionfa.
Ma senti: io qui non venni
per vedermi tradita e per soffrirlo.
Qualche momento ancora
lascio all’empio tuo cor pria di punirlo.
Claudio. Posso amar, ma sol per poco.
Cosi amor non è viltá.
Lunga fede è un lungo affanno.
Servir sempre al suo tiranno
è un obblio di libertá.