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dalla fuga lo scampo e sol mi veggio

col fier ministro. Io, presa
dal rischio mia lena e coraggio, il tosco
gitto ad un punto, il ferro impugno, il vibro,
e all’ incauto Aniceto in sen lo immergo.
Esco dall’ombre e salvo
qui te, mio ben, da morte. Or piú contento,
Cesare, il capo mio
reo di un nuovo misfatto a te presento.
Lucio Vero. Per castigo di un empio il ciel ti elesse,
Vologeso, e il tuo braccio
me sottrasse a un delitto e te alla morte.
Con voi, coppia d’amor, specchio di fede,
abbastanza fui reo. Ponete ornai
ve ne prego, in obblio,
tu la mia crudeltá, tu l’amor mio.
Berenice. Generoso monarca!
Lucio Vero. Ite: la vostra,
la mia felicitá piú non sospendo.
Libertá, regno, pace e ciò che caro
v’è piú d’ogn’altro bene ornai vi rendo.
Vologeso. De’tuoi favori...
Lucio Vero. Al vostro
piacer tornate ove vi chiama il core;
e noi, mia dolce sposa,
andiam piú lieti ove ci chiama amore.
Tutti. Andiam piú lieti ove ci chiama amore.
(qui segue l’ imbarco de’personaggi, parte in una nave
e parte in un’altra. S’ode frattanto una lieta sinfonia di
stronienti, dopo la quale partendosi a poco a poco le navi
dal lido, cantano tutti:)
Lucio Vero e Lucilla. Spirate, o zeffiri,
Paure seconde;
Vologeso e Berenice. in calma stabile
scherzino Tonde,
Tutti. e tutto giubili al nostro cor.