Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
35 |
5Rupi voi, che giammai non udiste eco
Rendere umana voce: e voi vicine
Deserte piagge sparse di pruine
Udrete il duol che quì mi tragge seco.
L’udrete, e forse al suon de’ miei lamenti
10D’intorno a me verran mossi e condutti
Da insolita pietà tigri e serpenti:
Che udendo poscia i miei dogliosi lutti
E il rigor degli acerbi miei tormenti,
Non partiran da me cogli occhi asciutti.
XV
S’è ver ch’a un cenno del crudel Caronte
In un con noi su la funesta barca
La rimembranza degli affanni varca
Di là dall’altra sponda di Acheronte:
5Credo, che allor il ferro e le man pronte
Avrà contro il mio fil la terza Parca,
E vedrà l’alma di sue spoglie scarca
Starle de’ mali la memoria a fronte:
Passerà forse il nudo spirto mio
10Là negli Elisi ov’Innocenza è duce,
Lieto a goder tranquilla aura serena.
Ma a por su tanti e tanti affanni obblìo:
Temo che quante pigre acque conduce
Il negro Lete basteranno appena.
XVI
Invido Sol, che riconduci a noi
Pria dell’usato il luminoso giorno:
Odo il nitrito de’ corsieri tuoi,
Già miro l’alba frettolosa intorno.
5Deh non partire, o Sol, da’ flutti Eoi:
Lascia che l’ombre ancor faccian soggiorno:
Col puro scintillar degli astri suoi
Non è il Cielo men bello o meno adorno.
Se pietoso trattieni un qualche istante