![]() |
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. | ![]() |
21 |
Sol’io non piango? io sol non mi risento?
Io, pel cui fallo il Divin figlio è ucciso?
Questo, ah questo è il maggior d’ogni portento.
XLIV.
Cento vezzosi pargoletti Amori
Stavano un dì scherzando in riso e in gioco.
Un di lor cominciò: si voli un poco.
Dove? un rispose; ed egli: in volto a Clori.
5Disse, e volaron tutti al mio bel foco,
Qual nuvol d’Api al più gentil de’ fiori:
Chi 'l crin chi ’l labbro tumidetto in fuori,
E chi questo si prese e chi quel loco.
Bel vedere il mio ben d’amori pieno!
10Due colle faci eran negli occhi e dui
Sedean coll’arco in sul ciglio sereno.
Era tra questi un Amorino, a cui
Mancò la gota e ’l labbro, e cadde in seno;
Disse agl’altri: Chi sta meglio di nui?
XLV.1
Illustre Duce che i trionfi tuoi
Conti con le battaglie, e questa gloria
Hai sovra gli altri bellicosi Eroî,
Che dovunque vai Tu, va la vittoria:
5Sì ben la Tracia abbatti e i furor suoi,
Che non v’ha tra le prische ugual memoria;
E l’ampia strage oggi palese a noi,
Toglierà fede alla futura istoria.
Or ecco il brando, che dall’alta Roma
10Ti manda il pio Clemente, onde trafitta
Sia l’Asia, e i lauri accresca alla tua chioma.
Stringilo, o Duce, con la destra invitta:
E qual diè nome a Scipio Africa doma,
Dia più bel nome a te l’Asia sconfitta.
- ↑ Al Serenissimo Principe Eugenio, in occasione dello Stocco mandatogli da nostro Signor Papa Clemente XI.