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La manca in alto sostenea le carte,
8Posto lo scudo al dorso, e in bocca il brando.
Ed oh, qual sei qui fermo oltre il costume,
Tal fossi stato al Rubicone in riva
11Fermo, senza spronar di quà dal Fiume!
Che il Tebro, e il mondo ah non avrian veduto
Nè la Patria al tuo piè gemer cattiva,
14Nè te steso nel sangue appiè di Bruto.
III1
Che far potea la sventurata, e sola
Sposa di Collatino in tal periglio?
Pianse, pregò: ma in vano ogni parola
Sparse, in vano il bel pianto uscì dal ciglio.
Come a Colomba, su cui pende artiglio,
Pendeale il ferro in sull’eburnea gola:
Senza soccorso, oh Dio, senza consiglio,
Che far potea la sventurata e sola?
Morir, lo sò, pria che peccar dovea:
Ma quando il ferro del suo sangue intrise
Qual colpa in sè la bella Donna avea?
Peccò Tarquinio, e il fallo ei sol commise
In lei, ma non con lei: ella fu rea
Allora sol, che un innocente uccise.
IV.
O luccioletta, che di quà dall’Orno
Or voli, or su le belle ali ti stai,
Teco avendo, per l’ombre ovunque vai
Una favilla dell’estinto giorno:
Vieni, che Filli brama averti intorno:
Vieni, e intorno le porta i tuo’ bei rai:
Così Fanciul te non uccida mai,
Per farsi il volto di tua luce adorno.
O Luccioletta, vieni ov’è costei,
Che potrai farti bella oltre il costume
Anco in la parte, dove oscura sei.
- ↑ Si scusa Lucrezia.