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E sott’elmi e corazze e busti e teste
Mugghiando il Boristene, ancor da lunge
Il fier Danubio il sente, e si scolora.
IX1
E crollar le gran torri, e le colonne
Scuotersi, e infrante al suo cader le porte;
E i Sacerdoti di color di morte
Gemere; e l’alte Vergini, e le Donne
5Squallide scapigliate e scinte in gonne,
Co’ pargoletti infra dure ritorte,
Ir dietro al Vincitor superbo e forte,
Mirasti, e ne piangesti empia Sionne.
E il Ciel d’un guardo invan pregasti allora
10Desolata Città su i dolor tuoi,
Sola sedendo a tai rovine sopra.
Ma dì: fra tanti guai pensasti ancora
A un Dio confitto in Croce, a tanti suoi
Strazi, che sol de le tue man son’opra?
X
E sempre avrai d’intorno a gli occhi avvinta
La nera benda? E sempre andrai per calle
Sinistro e torto a quella orrenda valle,
Valle di pene, Alma ingannata e stolta?
5Squarcia il rio velo, e mira ove sei volta,
E a qual periglio, e come il sentier falle,
E chi ti preme al fianco e chi alle spalle:
E lui, che chiama, attentamente ascolta.
Quella è voce di Dio, che a te risuona,
10Onde in lagrime amare or ti distempre,
E torni a lui, che volentier perdona.
Chi sa se in voci di sì forti tempre
E sì soavi Iddio più ti ragiona?
Forse, se tardi, avrai da pianger sempre.
- ↑ A Gerusalemme distrutta da Tito.