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XXXXII

     Nel mirarli così scuri,
     72Non v’è cuor che s’assicuri.
Pur sì forte in me s’accende
     Il piacer di vagheggiarli,
     Che maggiore in me si rende
     Il desio di celebrarli.
     Ma pur temo, e vorrei solo,
     Ape industre andarne a volo
     Sovra il fior degli altri pregi,
     80Raccogliendo i più bei fregi.
Labbra tenere, e vezzose,
     Vostre lodi or voi ridite,
     Giacchè tanta il Ciel ripose
     Grazia in voi, qualor v’aprite:
     E ben quindi escon parole
     Da fermar nel corso il Sole,
     Tanto più quanto son use
     88A parlar coll’alte Muse.
Nè men dolce, o vago è ancora
     Quel bel volto, o meno alletta,
     Se co’ gigli ivi talora
     Suol fiorir la violetta.
     Anzi queste son le spoglie,
     Ove Amor cela sue voglie:
     E tal forse quando ardea
     96Per Adon fu Citerea.
O bel sen di neve pura,
     Delle Grazie albergo, e stanza,
     Ove il Ciel pose, e Natura
     Il più bel d’ogni speranza,
     Di lodarvi in me non manca
     Il voler, nè voglia ho stanca;
     Ma mi turban quei severi,
     104Ch’ascondete, alti pensieri.
Quei pensier, ch’io veggio accesi
     Ne i bei rai d’aspro talento,
     A ribatter forse intesi