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     10Sparse di sangue, e con pietosa mano
     Le viscere al gran Dio lieto raccolse.
Poscia fermato in piè, soave e piano,
     Colmo un vaso di vin puro spumante
     Si mise a bocca, e gli occhi al Ciel rivolse.


II


Quando Filli potrà senza Damone
     Viver, ch’altro che lui non pensa e cura,
     Ad ogni altro pastore acerba e dura,
     Tornerà indietro al fonte suo Magnone.
5Così scritto leggendo in un troncone
     A piè dell’onorate antiche mura1,
     Di cui oggi il bel nome a pena dura,
     Cadde fuor di sè stesso Coridone.
Poscia pien di furor trasse nel fiume
     10Un baston, ch’egli avea, di rame cinto,
     E la zampogna sua troncò nel mezzo;
Ed all’armento, che d’intorno al rezzo
     Si giacea, cominciò: quell’empio lume....
     Ma non potèo seguir dall’ira vinto.


III2


Sacri superbi avventurosi e cari
     Marmi, che il più bel Tosco in voi chiudete,
     E le sacre ossa e ’l cener santo avete,
     Chi non fu dopo lor, ch’io sappia, pari:
5Poichè m’è tolto preziosi e chiari
     Arabi odor, di che voi degni siete
     Quanto altri mai, con man pietose e liete
     Versarvi intorno, e cingervi d’altari:
Deh non schivate almen, ch’umile e pio
     10A voi quanto più so, divoto inchini
     Il cuor, che come può, v’onora e cole.
Così spargendo al Ciel gigli e viole,
     Pregò Damone, e i bei colli vicini
     Suonar; povero è ’l don, ricco il desìo.

  1. Fiesole già città, or picciol Borgo.
  2. Al Sepolcro di Francesco Petrarca.