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Che per boschi errare io veggia,
Come, o Tirsi, è si consunta,
Ch’io non so che dir mi deggia!
5Anco a lei qui sana spunta
L’erba, e chiaro il gorgo ondeggia,
E Nerèa mai non l’ha munta
Più che l’altre di mia greggia.
Ma comunque sia che ammorbi,
10Deh l’involi alcuna fiera,
O ne fò qui pasto a’ corbi.
Voglio sì, voglio, che pera,
Che potrian forse i suoi morbi
Infettar la mandra intera.
XI
Tirsi, Tirsi, que’ montone
Mira là quanto presume:
Ei d’Arcadia al tanto Nume
Strappi i freggi e le corone.
5Deh scaverna orso o leone,
Che lo spolpi e lo consume,
O sommergilo nel fiume,
O lo scaglia in quel burrone.
Che, se fame a ciò l’alletta,
10Non è forse in questi miei
Verdi poggi amena erbetta?
Ma son geni ingordi e rei,
Cui più aggrada e più diletta
Ciò che rubano agli Dei.
XII
Dov’è, Signor, la tua grandezza antica,
E l’ammanto di luce, e l’aureo trono?
Dove il fulmin tremendo, il lampo, il tuono,
E l’atra nube, che al tuo piè s’implica?
5Parmi, che turba rea m’insulti, e dica:
Questi è ’l tuo Nume? e quel vagito è il tuono
Scuotitor della Terra? e quelle sono
Le man, ch’arser Gomorra empia impudica.