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     L’inesausto umor suo comparte e scioglie:
Così tutto quel Bel, che si diffonde
     Per queste, che veggiam cose terrene,
     Come in suo proprio fonte in te s’accoglie.


II[1]


Questa, che ier’io colsi appresso il fonte
     Ghirlanda umìl di rose e di viole,
     Pria che alcun si destasse, e pria che il Sole
     Illustrasse la cima alta del monte:
5Donna gentil, le di cui rare e conte
     Opre la patria nostra onora e cole,
     A te ne mando, onde alla nuova prole
     Tu ne cinga per me la nobil fronte.
Che quando poi dell’onorata spada
     10Il vedrò cinto, e ’n mezzo al Trace e al Moro
     Alle vittorie ei s’aprirà la strada,
Io vuo’ tessergli allora altro lavoro,
     E vuo’, che d’altra man cinto sen vada
     D’un trionfal vittorioso alloro.


MARCO TIENE.[2]


Questi palagi e queste logge or colte
     D’ostro di marmo e di figure elette,
     Fur poche e basse case insieme accolte,
     Deserti lidi, e sterili isolette.
5Ma Genti invitte e d’ogni vizio sciolte
     Scorrean il Mar con picciole barchette,
     Che quì, non per domar Provincie molte
     Ma a piantar libertà s’eran ristrette.
Non era ambizion ne’ petti loro,
     10Ma il mentire abborrian più che la morte;
     Nè vi regnava inquieta fame d’oro.

  1. Nella nascita d’un figlio del Col. Mayerle.
  2. Venezia.