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5Vien pur, vien pure il tempo e mai non falla,
     Che dal tuo carcer’ esci, e ti sviluppi,
     E i legami abbandoni e gl’inviluppi,
     Fatto d’un pigro vermicciuol farfalla.
Quanto alla prima parte, infino ad ora
     10Pari siamo ambidue: tu chiuso stai,
     Cinto son io da crudi lacci ancora.
Quanto all’altra non già: tu volerai
     Fra non molto al tuo lume: io ’l giorno e l’ora
     Di volare al mio Dio non veggio mai.


II


Se miglia appunto novecento ogn’ora
     Dritto pel cerchio equinozial corressi,
     Sicchè la Notte sotto il piè tenessi,
     Sul Capo il Mezzodì, dietro l’Aurora;
5E l’Artico a man destra, e l’altro allora
     Polo a sinistra in par distanza avessi:
     Il viver mio, per molto ch’io vivessi,
     Da capo a fin non più ch’un giorno fora.
Forse giorno sì lungo e luminoso,
     10Sarà quel giorno eterno, a cui m’affretto,
     Giorno che tienmi in aspettando ansioso?
Ah nò, questo non è quel dì perfetto,
     Che lume avrei bensì, ma non riposo;
     E lume non riposo ha il dì, che aspetto.


CARLO SEVEROLI.


I


Lasso! Già in me di quell’età primiera
     Manca il fresco vigore a poco a poco,
     Nè in me s’estingue ancor l’antico fuoco,
     Nè son in Parte altr’uom da quel, ch’io m’era.
5Che vil turba d’affetti ardita e fiera
     M’assal più forte, e ’l più sublime loco
     Si tien di me che inerme, e nulla o poco