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5Nè sento più l’usata fiamma al cuore,
     Qual fu di speme, e di desìo ripiena,
     Ma d’una non so qual tacita pena,
     Che m’empie di pietà più che d’amore.
Nè so, se per mio bene entro raccoglia
     10L’anima bella il suo splendor divino,
     Per far, ch’io torni a più matura voglia.
Sento bensì, che il guardo umile e chino,
     E ’l grave aspetto a lacrimar m’invoglia
     La sua fragil bellezza ’l mio destino.


I


Se il seguir sempre in faticosa impresa
     L’arme tue vaghe ovunque volga il passo,
     Se comparirà innanzi afflitto e lasso,
     Qual uom, che a se medesimo incresce, e pesa;
5Se de’ begl’occhi tuoi la fiamma accesa
     Mirar con guardo riverente e basso,
     E spesso altrui parer cangiato in sasso,
     Tal’è il diletto, di cui l’alma è presa:
Se ciò non basta, perch’alfin t’avveda
     10Delle ferite mie, nè de i legami,
     Onde pur troppo Amor femmi tua preda:
Dimmi, o Fera crudel, che pensi, o brami?
     Che far degg’io, perchè il mio mal tu veda?
     Ma, che far dovrò poi, perchè tu m’ami?


III


Signor, quando in tua mente eterna e pura;
     Quas’in tragica scena, avesti avante
     L’umane colpe così varie e tante,
     Che noi fean rei d’eterna morte oscura;
5Ardesti allor di sì pietosa cura,
     E tal doglia t’afflisse il cor amante,
     Che t’asperse la fronte, il sen, le piante
     Sudor di sangue, e ne stupì Natura.
E forse rimanea tuo petto esangue,
     10Se non che riserbollo a maggior lutto
     Quel grand’amor, che in te giammai non langue.