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XXX |
GIO. BATTISTA CIAPPETTI.
I.
Qualunque dotto ingegno a lodar prende,
Illustre Aglauro, i tuoi gran pregi in parte,
Uopo ha di molta esperienza e d’arte:
Tanta e sì chiara in te virtù risplende.
5Io, perocchè tant’alto non ascende
L’opera mia, non tento già lodarte
Se di te scrivo, ma fò noto in carte
Il buon voler che dentro me s’accende.
Nè sol l’omero mio vinto sarebbe
10Da sì gran peso, ma di lui, che tanto
Il Tosco stil col suo bel lauro accrebbe.
Chè non hai sol di bella Donna il vanto
Pari a colei che tanto ad Ilio increbbe:
Ma pari ancora a chi ne scrisse, il canto.
II.
Per onorar le nostre umane inferme
Forze scendesti in terra, o illustre Donna,
E più che in marziale usbergo, in gonna
Umil mostrasti virtù salde e ferme.
5Col tuo nome io non posso od Arco, o Terme,
O in regal oro alta locar Colonna,
Ond' ei dal tempo rio, che non assonna,
Sopra quei marmi si difenda e scherme.
Ma farò ben che di bel lauro ornate
10Vadano, Aglauro, coi miei rozzi carmi
Vostre chiare virtù, vostra beltate.
E spererò, nè invan sperar ciò parmi,
Che passeranno alla futura etate
Più durevoli assai che i bronzi e i marmi.