Pagina:Zappi, Maratti - Rime I.pdf/326

278

     Ecco spargon di nevi e Noto, e Coro
     Queste, ch’erano in pria piagge sì amene.
Tolta alla Terra è la sua verde spoglia:
     10E gli alberi non cuopre onor di fronde,
     Quasi lor premda amara intensa doglia.
Ma se sotto le nevi al suol s’infonde
     Virtute, e il gran fa cesto, e più germoglia,
     Non vedi qual tesoro in lor s’asconde?


XIV1


Or vedi come il ferro acuto strinse
     Colei, che ’l Mondo e forte e casta appella:
     Misera! Oh quanto fu profonda e fella
     La piaga, che Lucrezia a morte spinse!
5Mira poi l’altra, che a morir s’accinse
     Di rio veleno, a sè crudele anch’ella:
     Oh come s’ecclissò l’Egizia stella,
     E come di pallor fosco si tinse!
Ben potea torsi all’una il ferro ignudo,
     10Celarsi all’altra il tosco, e dell’arena
     Libica ogn’angue dispietato e crudo.
Deh perchè odia la via alma e serena?
     A un cuor pudico l’Innocenza è scudo,
     E all’alma impura il fallir proprio è pena.


XV2


Dopo che ’l gran Sincero ornato il crine
     Di doppio lauro a questo Faggio appese
     La canora sampogna; invan pretese
     Altri agguagliar, le Note sue divine.
5Nè le Ninfe montane e le marine,
     Sin dove umido il piè Nereo distese,
     Nè Cume, e Baie, e non Miseno intese
     Voci di par sonanti, e pellegrine.
Già per Titiro andò fastoso, e lieto
     10Il nobil Tebro; or nel suo nome è chiaro

  1. Pittura di Lucrezia, e di Cleopatra.
  2. In lode del Sannazzaro.