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     Al mondo, che per lei fu lieto assai:
Sulla soglia d’un Chiostro ogni ornamento
     Sparso, e gli ostri e le gemme al suol vedria,
     E il bel crin d’oro se ne porta il vento.


XIV1


Talor vò col pensier, dove uom mortale
     Raro è, che senza orgoglio unqua sen gisse;
     E grave dubbio nel pensar m’assale,
     Come sien le sue sorti a ciascun fisse.
5Ah, fra me dico, se con man fatale
     Dio la mia morte, o il viver mio prescrisse,
     Peccar che nuoce! o ben oprar che vale?
     Chi dal libro trarrammi, ov’ei mi scrisse?
Ma tu che in mano hai di ragione il freno,
     10Saggio Orator, con dolce stile e forte
     Sì mi rapigli, e mi convinci appieno:
Folle non pensi tu, che se tua sorte
     In man di chi la regge è incerta almeno,
     Certa sarebbe in tuo poter la morte?


XV2


L’Eterna voce, al cui suono risponde
     Il mar la terra il cielo, e che sovente
     Rimbomba ancor tra la perduta gente
     Nelle valli d’Inferno ime e profonde,
5Certò è quella, o Mancin, che in queste sponde
     Alto suonar sul labbro tuo si sente,
     Nostra rara ventura, e chiaramente
     A noi rivela ciò che ad altri asconde.
Venite, o genti, ad ascoltar sul Reno
     10Come or lusinghi, ed or tuoni d’un Dio
     La voce, e or stringa e or lenti all’alme il freno,
Ma se alcun d’ascoltarla oggi è restìo,

  1. Per una predica sul soggetto della Predestinazione.
  2. Per il P. Mancini, quando predicò in Bologna.