Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
261 |
Al mondo, che per lei fu lieto assai:
Sulla soglia d’un Chiostro ogni ornamento
Sparso, e gli ostri e le gemme al suol vedria,
E il bel crin d’oro se ne porta il vento.
XIV1
Talor vò col pensier, dove uom mortale
Raro è, che senza orgoglio unqua sen gisse;
E grave dubbio nel pensar m’assale,
Come sien le sue sorti a ciascun fisse.
5Ah, fra me dico, se con man fatale
Dio la mia morte, o il viver mio prescrisse,
Peccar che nuoce! o ben oprar che vale?
Chi dal libro trarrammi, ov’ei mi scrisse?
Ma tu che in mano hai di ragione il freno,
10Saggio Orator, con dolce stile e forte
Sì mi rapigli, e mi convinci appieno:
Folle non pensi tu, che se tua sorte
In man di chi la regge è incerta almeno,
Certa sarebbe in tuo poter la morte?
XV2
L’Eterna voce, al cui suono risponde
Il mar la terra il cielo, e che sovente
Rimbomba ancor tra la perduta gente
Nelle valli d’Inferno ime e profonde,
5Certò è quella, o Mancin, che in queste sponde
Alto suonar sul labbro tuo si sente,
Nostra rara ventura, e chiaramente
A noi rivela ciò che ad altri asconde.
Venite, o genti, ad ascoltar sul Reno
10Come or lusinghi, ed or tuoni d’un Dio
La voce, e or stringa e or lenti all’alme il freno,
Ma se alcun d’ascoltarla oggi è restìo,