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     Premio e ristoro de’ ben posti affanni:
Ed or me che ti fui secura scorta
     10Indietro lasci, e quel degli Avi tuoi1
     Che a miglior tempo arse e cantò d’amore.
Felice te, che nell’età immatura
     Co’ Cigni or della Grecia andar ten puoi,
     Or dell’Italia al più pregiato onore.


V2


Ecco, Signor, dopo tant’anni e tanti
     Spesi in cercar quel ch’io fuggir dovea
     Che di quel prato, ov’io posar credea,
     Nacque il serpe, cagion di tutti i pianti;
5Or l’empio dico: tor dovev’ innanti
     Dal Verde il piè quando l’April ridea:
     Ch’or ti rimove dall’usanza rea
     La grave età, non pensier puri e santi.
Io taccio, chè non so se ’l mio dolore
     10O venga dal pensier d’averti offeso,
     O dall’esser vicino all’atre porte.
O memorie funeste! o freddo orrore!
     Tanto ch’io sono al disperare inteso:
     Pur non posso far onta alla tua Morte.


VI3


Quanti son Cigni al biondo Mela in riva
     Dovrian cantar di Voi, nobil donzella;
     Poi che siete del pari e saggia e bella,
     Quanta d’altra giammai si parli o scriva.
5Voi ne’ verd’anni, quando Amor veniva
     A farvi segno delle sue quadrella,
     Vi ricovraste in solitaria cella

  1. Gio: Antonio Benaglia leggiadro poeta nel secolo di Leon X.
  2. A Dio. Essendo l’Autore gravamente ammalato.
  3. Nel monacarsi l’illustre Donzella Bresciana.