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     Condur oltre l’Ibero armi e paura;
     E Spagna e Gallia vinse, e poi Natura,
     Quando sull’Alpi il gran tragitto feo:
5Quei, che il Tesino e Trebbia e Canne empièo
     Di Latin sangue, e sulle infrante mura
     Salir dovea, seguendo sua ventura,
     Alla terribil cena in sul Tarpèo:
Quegli fu vinto; e nol vincesti, o Roma,
     10Col braccio, onde traesti a i sette colli
     I re superbi dalla terra doma;
Ma il dolce aer Campano, e gli ebbri e folli
     Dì, che lo vider della grave soma
     Scarco, il domaro, e i piacer vili e molli.


NICCOLÒ MARIA DI FUSCO.


I


Madre, io ritorno al dolce seno, al caro
     Piacer di rivederti anzi, ch’io mora;
     Sostiemmi Madre che vicina e l’ora,
     E ’l fin, che sembra altrui cotant’amaro.
5Strale fatal, ma però dolce e chiaro,
     E tal, ch’io non saprei dolermi ancora,
     Il cor ferimmi, e questo che vien fuora
     Per gl’occhi, è il sangue più pregiato, e raro.
Madre, io ti lascio; e in questo bacio estremo
     10Tutta la fede sua, tutto l’amore
     L’infelice tuo Figlio egro ti dona.
Ah! perchè piangi? Noi ci rivedremo
     Presto lassuso; affrena il tuo dolore,
     E a lei, che mi ferì, Madre, perdona.


II1


Ceneri fredde, anzi tra freddi marmi

  1. Rivedendo dopo qualche tempo il sepolcro della sua Donna