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VIII1
Le tre fatali Dee, cui dato è in sorte
Guardar l’auguste vite al regno nate
Aprono, o Carlo, al dì le rosee porte,
Che guida il giro di tua bella etate.
5Quelle stansi con lor, che in te risorte
Veggiam, sacre degli Avi alme onorate,
Sollecite chiedendo di tua sorte
L’alte vicende nel destin segnate.
Ed elle al lume di quest’Alba amica
10Te mostran cinto di fulminea spada
Splender entro guerriera aurea lorica;
E per la vinta Italica contrada
Con la tua prima militar fatica
Correr lunga di lauri ombrosa strada.
IX2
Quando il gran Scipio dall’ingrata terra,
Che gli fu patria e ’l cener suo non ebbe,
Esule egregio si partì, qual debbe
Uom che in suo cuor maschio valor rinserra:
5Quei, che seco pugnando andar sotterra,
Ombre famose, onde sì Italia crebbe,
Arser di sdegno, e ’l duro esemplo increbbe
A i Geni della pace e della guerra.
E seguirlo fur viste in atto altero,
10Sull’indegna fremendo offesa atroce,
Le virtù antiche del Latino impero:
E allor di Stige sulla nera foce
Di lui, che l’Alpi superò primiero,
Rise l’invendicata Ombra feroce.
X3
Quel, che di Libia dal confin potèo
- ↑ Sullo stesso argomento.
- ↑ Scipione Africano, quando se n’andò esille volontario a Linterno.
- ↑ Annibale in Capua.