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VI


Nè fera tigre, che dagli occhi spire
     Rabbia e terror; nè sotto il sol più ardente
     Angue celato, che fischiando avvente
     Se stesso, e in piè si vibri alto, e s’adire:
5Nè accesa folgor, che i gran monti aprire
     Odasi; nè superbo ampio torrente,
     Che gli argin rotti baldanzosamente
     Scorra, e pel non suo letto erri e s’aggire,
Paventan sì l’impaurito armento,
     10E ’l timido arator, com’io l’ignuda
     Mia coscienza e gli error miei pavento:
Nè furia ultrice di pietà sì nuda
     Sta negli abissi, che di quel, ch’io sento
     Crudo interno dolor, non sia men cruda.


VII


Dov’è Italia il tuo braccio? E a che ti servi
     Tu dell’altrui? Non è, s’io scorgo il vero
     Di chi t’offende il difensor men fero:
     Ambo nemici sono, ambo fur servi.
5Così dunque l’onor, così conservi
     Gli avanzi tu del glorioso Impero?
     Così al valor, così al valor primiero,
     Che a te fede giurò, la fede osservi?
Or va; repudia il valor prisco, e sposa
     10L’Ozio, e fra il sangue i gemiti e le strida
     Nel periglio maggior dormi, e riposa.
Dormi adultera vil, finchè omicida
     Spada ultrice ti svegli, e sonnacchiosa,
     E nuda in braccio al tuo Fedel t’uccida.


VIII


Redi, se un guardo a voi talor volgeste
     Come a voi tutti ognor gli altrui volgete,
     E voi sembraste un altro, e qual voi siete,
     E qual fia ’l Mondo senza voi vedeste;
5Di sdegno pieno, e pietà direste:
     Arti omicide, che l’età struggete,