Da quel tronco apparir fuore,
Con miracolo maggiore
D’allor quando i rami aperse:
Poichè puote lunga etade 72Conservar tanta beltade.
Nero ha il crine, e bianco il volto,
Come l’Alba in Orizzonte,
Che ha la notte in sulla fronte,
Ed il dì nel viso accolto.
Non così bella sorgea 78Dalle spume Citerea.
E pentita dell’asprezza
Già mostrata al caro Amante,
Verso lui muove altrettante
Dolci grazie, e l’accarezza:
E poich’altra si ravvisa 84Cangiar nome ancor s’avvisa.
Non più Dafne, disse, io voglio,
Che verun giammai mi nome:
Resti pur l’ingrato nome
Alla fronda, ch’io mi spoglio:
Resti ancor l’aspro soggiorno, 90Nè più qui faccio ritorno.
Così detto, al dubbio affanno,
Ch’ondeggiava a Tirsi in viso,
Che non era il Dio d’Anfriso
Ben notò: ma dell’inganno
Non le increbbe, chè ha gentile 96Quanto Febo aspetto e stile.
Duo bei rami coglie alfine
Della sua spogliata fronda,
E coll’uno a sè circonda,
E coll’altro a Tirsi il crine,
Chè ambidue portan corona 102Nel bel Regno d’Elicona.
Che non men di Tirsi appresa
La bell’Arte avea la Bella