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XVIII

     Da quel tronco apparir fuore,
     Con miracolo maggiore
     D’allor quando i rami aperse:
     Poichè puote lunga etade
     72Conservar tanta beltade.
Nero ha il crine, e bianco il volto,
     Come l’Alba in Orizzonte,
     Che ha la notte in sulla fronte,
     Ed il dì nel viso accolto.
     Non così bella sorgea
     78Dalle spume Citerea.
E pentita dell’asprezza
     Già mostrata al caro Amante,
     Verso lui muove altrettante
     Dolci grazie, e l’accarezza:
     E poich’altra si ravvisa
     84Cangiar nome ancor s’avvisa.
Non più Dafne, disse, io voglio,
     Che verun giammai mi nome:
     Resti pur l’ingrato nome
     Alla fronda, ch’io mi spoglio:
     Resti ancor l’aspro soggiorno,
     90Nè più qui faccio ritorno.
Così detto, al dubbio affanno,
     Ch’ondeggiava a Tirsi in viso,
     Che non era il Dio d’Anfriso
     Ben notò: ma dell’inganno
     Non le increbbe, chè ha gentile
     96Quanto Febo aspetto e stile.
Duo bei rami coglie alfine
     Della sua spogliata fronda,
     E coll’uno a sè circonda,
     E coll’altro a Tirsi il crine,
     Chè ambidue portan corona
     102Nel bel Regno d’Elicona.
Che non men di Tirsi appresa
     La bell’Arte avea la Bella