Se cangiar gli aspri costumi
Tu volessi e il cor feroce,
Tenterei con la mia voce
Di placar gl’irati Numi:
E far sì, che in le tue forme 36Novamente ti trasforme.
Non è sol d’Orfeo la Cetra,
Che da’ regni della Morte
La smarrita sua Consorte
Ritirar col canto impetra:
Cangia omai l’usanza rea, 42Bella Dafne amata Dea.
A tal dir rise ciascuno,
In udir, com’ei ricorda
Vecchi amori ad una sorda,
Ch’ora è tronco oscuro e bruno;
E rideano: chè il lamento 48Sparga Tirsi invano al vento.
Ma la Ninfa, che tra i rami
Riteneva umana mente,
Pensa udir Febo presente,
Che all’antico Amor la chiami:
Tal le sembra al biondo crine, 54E alle Rime alte e divine.
Omai stanca di star sempre
Sotto il vel di dura scorza,
Apre il cuore a nuova forza,
Che l’invoglia a cangiar tempre:
Volge a Tirsi il vago ciglio, 60E d’amar prende consiglio.
Cesse appena al nuovo affetto
Che ogni ramo si disciolse:
E alla prima effigie volse
Il bel volto, il fianco, il petto:
Tal se ’n va la rozza vesta 66Col rigor ch’ella detesta.
Era pur bella a vederse