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     Chi nascer senza il suo voler non volle1.
Qual miracol è quel quando la speme
     10Pone in dubbio del Mondo, ed al materno
     Offerto onore isbigottisce e teme?
E qual dolcezza, ad onta dell’Inferno,
     Vederla in poi col suo gran Figlio insieme,
     E somigliarsi al Genitore eterno!




I


Tigre selvaggia in chiusa valle oscura
     Con frode un dì mia prigioniera io fei;
     Meco la trassi avvinta, e presi in cura
     I feri spirti raddolcir di lei.
5A poco a poco sua cangiar natura
     La vidi alfin dopo sei mesi e sei,
     E udir mia voce, e placida e secura
     Starsene in mezzo a gli agneletti miei.
Nice la vide, e in atto umìl cortese,
     10Ridendo le fe’ vezzi, e con amica
     Destra l’umana fera in seno prese.
Ma giunta in sen di mia crudel nemica
     La fera, ahi lasso!, in un balen riprese
     I primi spirti, e la fierezza antica.


II


Se per opra talor del van desire,
     D’ardente foco oltre l’usato avvampo,
     Per timor del periglio io pien d’ardire
     Chiamo Ragion l’alta guerriera in campo.
5Ella sdegnata allor, di sue bell’ire
     Pento onesti pensier desta col lampo,
     Tal che fugge il nemico, e nel fuggire
     Lascia a lei la vittoria, e a me lo scampo.
Ma se quando già placide, e tranquille
     10Le mie potenze e il cor sereno parmi,

  1. S’allude, dice l’Autore, alla riflessione dell’Abbate Guerico: Noluit Deus sumere carnem ex ea, non dante ipsa.