Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
150 |
Che nè pur essa se medesma intende;
Nè quanta chiude alta virtude immensa,
E le sue mete il solo Dio comprende.
V1
Nel principio era il verbo e ’l Genitore,
E ’l Genitore e ’l Verbo erano Dio;
Nè ’l Verbo potea dir: sei mio Signore;
Nè ’l Genitore: il tuo Signor son io.
5Ma poichè l’un per infinito amore
In sembianza mortal se stesso offrìo,
Giunse l’altro d’impero al sommo onore,
E ’l Signor: siedi, disse, al Signor mio.
Siedi, chè a Te la destra mia riserbo,
10Mercè di Lei, che debellato, e domo
Ha d’Aquilone il regnator superbo:
Di Lei, che ad onta del gustato pomo
Ingrandì l’Uom, perchè unì l’uom col Verbo,
Ingrandì Dio, perchè unì Dio coll’Uomo.
VI2
Vergini al Mondo innumerabil sono,
Ma quale o quando alla gran Madre eguale?
Nostra tant’alto integrità non sale,
Perch’ella ebbe innocenza, e noi perdono.
5Purissima comparve al divin trono,
E giunse l’alta sua bellezza a tale,
Ch’io non so dir, se Dio fatto mortale
Di Lei più fosse o donatore o dono.
Qual nell’antico Rovo il foco abbonda,
10E fiorisce la pianta ancorchè ferva
Nell’insolito ardor, che la circonda;
Tal vicendevolmente in Lei s’osserva
Verginità che ’l seno suo feconda,
Fecondità che ’l suo candor conserva.