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Il crudel ferro, che la via t’aperse
Agli alti seggi del celeste regno?
Ma Dio fu certo, che a quell’empio cinse
10Di pietra il core, e con sì lunghi scempi
Nelle tue membra ad infierir lo spinse;
Che tua fermezza allor sì chiari esempi
Diè, che ii cieco tiranno, e il sesso vinse,
E tanti erse al tuo nome altari e tempi.
IV1
Quel che pur chiami in bruna veste e nera,
E di lagrime intanto aspergi il ciglio,
Donna, vago diletto unico figlio,
Tua gioia un tempo, or doglia acerba e fera,
5Col mio lassù nella più alta sfera
Or stassi fuor di questo grave esiglio;
E fora il nostro omai miglior consiglio
Di lor gloria allegrarsi eterna e vera.
Ma dal retto veder, ahi! ne distorna
10Il troppo affetto, e dal soverchio duolo
Vinta ed oppressa in noi la Ragion dorme:
L’immortal luce, ch’ambi or copre e adorna,
Tolta è a’ nostr’occhi, che presenti han solo
Lor dolci atti, e le prime amate forme.
V2
Marco, s’egli avverrà, quando sotterra
Sarà per morte il tuo Fral posto e il mio,
Che le nostre fatiche al tardo obblio
Faccian pur come spero in parte guerra:
5Nel veder come una medesima terra
Ne produsse ambi, e che un simìl desìo
Ne accese, e sempre le nostr’alme unìo