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XV |
GIULIANO SABBATINI.1
Tirsi, se udrò mai più che Aglauro canti
Di Vetturia e di Porzia, o della forte
Lucrezia, e tenti in rime gravi accorte
Nuovi al suo sesso aggiunger pregi e vanti:
Deh perchè t’armi di tai nomi e tanti,
Dirolle, e sangue ne dipingi e morte,
E ’l saggio orgoglio, che potea la sorte
Cambiar di Roma e porsi all’arme avanti?
Vieni tu sola Aglauro, e teco i bei
Carmi, e di tue Virtù l’inclita schiera,
Ch’assai tu sola al tuo pensier ben sei:
E nostra Gloria già sì viva e vera
Vinta a te renderassi, e vedrem lei
Di sua gran Vincitrice irsene altera.
GIO. DIVIZZARON.
Mossi poc’anzi alla Foresta Ascrèa
Il mio rustico piè lieto e contento,
Ma nel toccar l’arena a me parea
Trarne in vece di gioia alto spavento.
Il bianco Cigno in flebil suon gemea,
Oblìando ’l primier dolce concento:
L’annose querce, e i sagri allor scotea
Garruletto non già, ma pigro il vento:
Quando Aliseo mi disse in sua favella:
E non sai la cagion di tanto orrore?
Crucia Tirsi gentil febbre rubella.
Tirsi, m’avrebbe ucciso il mio dolore:
Ma poi temei di dar la morte a quella
Parte, che vive in Voi di questo cuore.
- ↑ Per li 3 mirabili Sonetti della Signora Faustina Maratti Zappi sopra le tre Romane, Vetturia, Lucrezia, e Porzia.