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Come debba chiamarvi il Mondo errante
Se donna o dea, poichè di tali e tante
Oltr’ogni uso mortal grazie splendete:
5In me, cui vera immortal dea parete
All’andare, alla voce, ed al sembiante,
Vince il desio, che vuol che di voi cante,
Il timor di non dir quel che voi siete.
Così mi taccio; e già, perchè memoria
10Dell’esser vostro in versi io non ordisco,
Non sia però minor la vostra gloria,
Nè il merto mio, se quel che non ardisco
Cantar, nel cor, come in secreta istoria,
Qual vera dea v’adoro e riverisco.
VII
Se amate, almo mio Sol, ch’io canti, o scriva
L’alte bellezze, onde il Ciel volle ornarvi,
Oprate sì, ch’io possa almen mirarvi,
Per potervi ritrar poi vera e viva.
5La vostra luce inaccessibil viva
Nel troppo lume suo viene a celarvi:
Sì che, s’io tento gli occhi al volto alzarvi,
Sento offuscar la mia virtù visiva.
Fate qual fece il Portator del giorno,
10Che per lasciar il suo figlio appressarsi,
Depose i raggi di che ha il capo adorno.
Ch’altro così per me non può narrarsi,
Se non ch’io vidi ad un bel viso intorno
Lampi onde restai cieco, e foco onde arsi.
VIII1
Cigni infelici, che le rive e l’acque
Del fortunato Mincio in guardia avete,
Deh, s’egli è ver per Dio2 mi rispondete,
Fra vostri nidi il gran Virgilio nacque?