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GIO. BARTOLOMEO CASAREGI.
I
Poichè la mia spietata aspra sventura
Vuol, che ognor dal mio Ben lontano io viva,
Amor della mia vita acerba e dura
Col dolce rimembrar in stato avviva.
5Farmi presente ad or ad or procura
Quella, di cui convien, che spesso io scriva,
Sicchè vicina già la raffigura
Il senso stesso nell’immagin viva.
Se volgo al Ciel lo sguardo, e miro fiso
10Cinto di pura luce il Sol, tal sei
Mirzia, grido, tal sei nel tuo bel viso.
Se veggio un fior, parmi veder colei,
Se guardo il mar, nel mare io lo ravviso;
Onde lei trovo in Tutto, e Tutto in lei.
II1
L’immensa luce, onde veggiam Natura
D’oro il Sole, e d’argento ornar la Luna,
Oh come è vaga, e bella! e pure alcuna
Ombra, o nebbia talor l’ingombia, e oscura.
5Ma tu bella sei tutta, e tutta pura,
Vergine intatta, e il tuo candor pur’ una
Macchia non guasta un sol’ istante, o imbruna
Ombra di colpa originale impura.
Se di tal pregio adorna era colei,
10Che l’immagin divina in noi disfece,
Tu nol sarai, Tu che avvivarla or dei?
Il suo gran fallo oltraggio a te non fece;
Di Dio Madre ab aeterno eletta sei:
Madre insieme, e nemica esser non lece.
III
Se mai non fu largo perdon conteso
A cor piangente umìl, mira, Signore,
- ↑ La concezione della B. V. M.