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10E mormorò: se fossi tu Salmace;
Ma passò il gregge, e intorbidò quell’acque.
Pur Clori udillo, e a raffrenar l’audace,
Disse: apprendi, o pastor; quel rio, che piacque
Fin che puro correa, torbido spiace.
RUGGERO CALBI.
I
Or che del lustro ottavo alfine omai
Son giunto, do un’occhiata al tempo scorso,
Ed al presente, che ’l vital mio corso
Affretta, ed è di pria più ratto assai;
5E seco trae gl’empi piaceri, e i guai
Che soffrii, per non porre ai sensi il morso
Indi fa cenno a Morte, e invan soccorso
Chieggio, e mercè, che non s’ottenne mai.
Onde grido: oh felici Giovanetti,
10Ch’aprite gl’occhi a sovraumano lume,
E soffocate i caldi, e ciechi affetti!
Misero me, che in preda a rio costume
Parmi, che in me rivolga uniti, e stretti,
E tempo e morte inesorabil Nume.
II
Quella, che nel mio cor trionfa, e regna
Alma beltade, a rio malor già cede;
E nel bel volto, ch’è d’Amor la sede,
Tenta morte spiegar l’orrida insegna.
5Padre del Ciel, per lei che a noi disegna
Quella, che ne prometti alta mercede,
Per lei, che a noi fa del tuo Bello fede,
S’arte non puote, la tua destra impegna.
Ch’ora, che conosciano esser mortale
10Valore, gentilezza, e leggiadria,
Che quà nel Mondo non conosce eguale,