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vae victis! | 61 |
I quaranta minuti erano passati. Vi fu un affrettato congedarsi, un’ultima agitata parola di avvertimento e monito; poi con un tintinnio di speroni Florian era corso giù per le scale e s’era slanciato in sella.
Girò la testa del cavallo, che s’impennava, verso il Nord, e levò lo sguardo alle finestre.
Sì, erano tutte là a fargli cenno d’addio! Tutte vicine, le teste bionde e le brune; gli occhi ceruli e gli occhi neri lo seguivano....
«Ricordatevi,» gridò ancora Florian a Luisa, «ricordatevi — dovete partire domattina all’alba! Domattina all’alba!» E ancora mentre parlava, quell’indicibile brivido lo riprese. Era forse un presagio di ciò che l’indomani avrebbe recato? Era forse una visione di ciò che la tragica e sanguinosa aurora teneva in serbo per coloro ch’egli lasciava, sole nella loro indifesa bellezza e gioventù?...
Spronò il cavallo e partì.
Giunto in fondo alla strada egli si girò in sella un’ultima volta a riguardare la casa; vide che Chérie era corsa fuori sulla terrazza e stava lì, ritta e bianca come un giglio nella luce lunare.