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52 annie vivanti

va, come una pallida ferita per la quale il giorno dovesse morire.

«Ci siamo, ci siamo!» ripetè Fritz. «E tu tienti pronta alla partenza.»


In quel giorno stesso l’uragano s’era già scatenato sull’Europa. Le Jene Grigie si riversavano sul Belgio dal Sud-Est. A Dohain, a Francorchamps, a Stavelot l’orda cenerognola s’avanzava inesorabile, onda su onda, spargendo intorno la violenza e la morte.

Ma i cannoni non parlavano ancora. Nel villaggetto di Bomal, discosto appena una ventina di miglia, nulla se ne sapeva; e Luisa appuntando una rosa nelle treccie lucenti di Chérie diceva: «Domani penseremo alla guerra.»

Chérie la baciò e rise. Rise, ma con gli occhi un poco pensierosi, mentre mirava nello specchio la sua graziosa imagine. Poichè la giornata, di un azzurro insolente, svaniva in una serata d’azzurro tenue — e Florian Audet non aveva ancora mantenuto la sua promessa.

Forse, pensò Chérie, il suo battaglione ha ricevuto ordini di lasciare l’accampamento sulla Mosa; forse egli è stato mandato alla frontiera. Sospirò. Ah! s’ella avesse potuto rivederlo ancora!... Se avesse almeno potuto dirgli addio!...