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vae victis! 51

sul pianerottolo; si udivano indistintamente dalla camera da letto le voci sommesse di Luisa e Chérie.

Fritz salì rapido al secondo piano e girò la maniglia della stanza di Frida. Era chiusa a chiave.

«Apri la porta,» comandò.

Frida obbedì. Non era la prima volta ch’essa apriva la sua porta a Fritz.

«Come parli forte,» susurrò ella in tono di rimprovero; e richiuse a chiave l’uscio. «Forse ti avranno udito.»

«E quand’anche?» disse Fritz. «Udranno ben altro.» Sedette ed accese una sigaretta. «Ah, ecco! Da due anni faccio il servitore qui. Da domani in poi diventerò il padrone.»

«Da domani!» balbettò Frida impressionata. «Ma che cosa dici?»

«Dico che ci siamo! Ci siamo finalmente!» esclamò Fritz, e il suo sguardo si levò lucido e feroce, verso la finestra aperta al cielo d’occaso.

Già da tempo il sole tondo e rosso — il gran sole d’agosto — era tramontato, ma il giorno s’indugiava ancora come se gli dolesse di finire. Là dove il cielo era più chiaro esso portava nel seno la falciuola scolorita della luna nuo-