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i divoratori | 391 |
E così fece anche stavolta).
Il sangue era corso come una fiamma sulla fronte di Aldo. Egli cadde in ginocchio davanti alla bambina e le prese le mani, e se le premette sugli occhi e sulle labbra:
— Piccola mia! Piccola mia! — e le facili lagrime meridionali gli piovvero dagli occhi.
Anne-Marie disse a sè stessa: — Questo deve essere un musicista tedesco. — Finora soltanto i musicisti tedeschi erano stati a questo punto espansivi ed eccitabili.
Si volse a interrogare con gli occhi sua madre, ma questa teneva chinato il capo.
— Posso rimanere, posso rimanere, Anne-Marie? Vero, che non vuoi ch’io torni via tutto solo? Dillo, dillo a tua mamma, che mi lasci restar qui e aver cura di voi!
Anne-Marie fu molto sorpresa.
— A noi non piace che si abbia cura di noi, — disse. E soggiunse per non offendere questa strana persona: — Grazie lo stesso.
Aldo rise traverso le lagrime.
— Cara, cara adorata! — e le baciò la manica della giacchettina.
Anne-Marie era una persona ragionevole e non le piacevano le emozioni degli sconosciuti. E poi, aveva fretta.
— Addio, — disse risoluta. — Se volete un autografo ve lo dò.
Aldo l’afferrò per le gracili spalle, fissandole negli occhi lo sguardo smarrito e disperato.
— Ma, Anne-Marie! Anne-Marie! Non mi riconosci? Hai detto, hai detto che ti ricordavi di me! Non riconosci tuo papà?
— No, — disse Anne-Marie.
— Ma non ricordi tuo papà, tuo papà che ti cantava «celeste Aida», quando eri malata a New York?... Non ti ricordi che ti conducevo la domenica a vedere gli sco-