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378 | annie vivanti |
premendo le dita sulle corde con intenso e veemente vibrato.
E di nuovo il violino rispose con voce rauca, debole, sorda. Il viso di Anne-Marie si fece bianco come un lino. Le sue labbra tremarono. Con un singhiozzo ella abbassò il violino.
— È morto, — disse.
Molti anni dopo, se talvolta accadde a Nancy di pensare che forse sarebbe stato meglio se avesse trattenuta dai concerti e dal pubblico la sua bambina — se dubitava di aver errato permettendole di diffondere sul mondo tutta la sua giovine anima canora, — il ricordo del Silente Violino, chiuso nella sua prigione di cristallo, le tornava alla memoria: il Violino che era morto per non aver cantato, morto del suo proprio silenzio.
E fu contenta di pensare che alla sua allodoletta era stato concesso di cantare.
E cantò, l’allodoletta! Cantò, in molti climi, sotto molti cieli, in molte terre lontane. Era forse a Edimburgo che i cavalli furono staccati dalla sua vettura, ed essa e Nancy tratte in trionfo per le festanti vie? Era forse a Berna che la polizia dovette sgombrare dalle strade e dalle piazze le turbe di studenti che parevano impazziti? Non fu a Torino che la folla la richiamò venti volte al balcone, per urlarle i suoi evviva, per implorare dal piccolo volto estasiato un sorriso, dalle piccole mani salutanti, un fiore? Dove, dove fu che gli uomini alzavano i loro figlioletti tra le braccia perchè la vedessero, perchè le toccassero la veste, e le donne, spinte e urtate nella calca, coi cappelli a sghembo e gli occhi allucinati, battagliavano per intravvedere un baleno della bionda testolina salutante e per sfiorare d’un tocco la piccola mano inguantata? Non era a Napoli che la chiamavano «la bambina assistita», e la credevano posseduta da uno spirito? E tra