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i divoratori | 367 |
piccolo libro di poesie, e col suo grande cappello a piume e colla veletta bianca che poi aveva dovuto togliere prima di entrare al cospetto reale... E tutti insieme rifecero in pio pellegrinaggio la salita al Quirinale, posando sul Palazzo gli occhi inteneriti. Era una splendida mattinata di sole. Nino, di cui ormai i capelli erano grigi e il carattere irascibile come quello di suo padre — così almeno diceva la zia Carlotta — camminava davanti a tutti con Anne-Marie, che gli trotterellava accanto tenendogli la mano. Egli le raccontava delle interessanti cose: le diceva di un certo grembiulino rosa che sua madre portava quando aveva otto anni, e le descriveva Fräulein, giovane, colle guancie che parevano mele.
Fräulein, che a dir vero non dimostrava troppo i vent’anni di differenza tra quell’epoca e questa, ascoltava, assai commossa, tali reminiscenze. E Bemolle, che si riprometteva di andare a vedere la sua vecchia madre non appena terminati i concerti al Costanzi, camminava dietro a tutti lagrimando silenziosamente, disciolto in una vaga tenerezza verso il mondo in generale.
— A proposito, Nancy, — disse Nino, — sai che ho riveduto la cara vecchia villa di Wareside? Sono andato in Inghilterra per gli affari di Carlo due mesi fa; allora ho preso il treno di Hertfordshire per andare a rivedere la Casa Grigia. Era vuota. Sono rimasto più di un’ora al cancello; e tutti i fantasmi del passato sono venuti a farmi compagnia.
— Oh! — disse Fräulein. — Che divino posto era quello! Te ne ricordi, Nancy?
— Ricordo il giardino, — disse Nancy, con gli occhi vaghi in cui fluttuavano le rimembranze, — e l’altalena...
— Che altalena? — disse Anne-Marie, prendendo interesse all’argomento.
Allora Nancy le descrisse il lontano giardino, placido