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i divoratori 289


Ed ecco che a metà della terza settimana arrivò un telegramma. Proveniva da Parigi.


«Perchè non pranzeresti con me giovedì prossimo da Voisin?»


Era appunto giovedì.

Nancy ritelegrafò:


«Perchè no? Alle otto?»

«Nancy».


Oh, che eccitamento allora, che agitazione! I bagagli da fare, e i telegrammi da mandare a Fräulein! Che gioia, che fretta, che confusione!

Nancy, ogni momento, lasciava lì tutto, e si sedeva, esclamando:

— Forse non dovrei andarci!

Poi balzava in piedi, febbrile, al pensiero che domani a quest’ora il battello partiva.

L’indomani mattina alle dieci arrivò Fräulein, commossa e agitata al pensiero di condur via la bambina. Portava in braccio un piccolo foxterrier, un regalo per Anne-Marie, «perchè non piangesse»!

— Perchè dovrei piangere? — chiese Anne-Marie, colla durezza propria alla sua tenera età.

— Ma già! cosa viene in mente a Fräulein? — disse Nancy, mentre a lei cadevano fitte le lagrime dagli occhi. E in ginocchio davanti alla bambina le allacciò la giacchetta. — Tanto, la mamma tornerà presto, presto.

— Naturale, — disse Anne-Marie tenendo stretto sotto al braccio il cagnolino, e alzando in aria un piede per farsi allacciare la scarpa.

— Baderai, vero, Fräulein? a non lasciarle prendere dei raffreddori, — singhiozzò Nancy, china sopra la scarpetta, che baciò quando l’ebbe abbottonata.