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272 | annie vivanti |
XII.
«Giugno. Staten Island.
«Buon giorno, mio tenebroso Sconosciuto.
«Sono in campagna, seduta su un muricciuolo di sassi, e non vedo che lontane colline e sonnecchianti campi. Nel sole v’è un ronzìo di insetti che mi fa impallidire e rabbrividire. Odio con grande odio pauroso gli insetti che ronzano.
«Perchè non siete qui? Ho in testa un grande cappello bianco con nastri ceruli, e una sciarpa cerula mi cinge la tenue vita. Sembro l’eroina di una novelletta vecchio stile. E nessuno mi vede. E i prati sono pieni di fiori; ed io li colgo e non so a chi darli. In tutte le soavi e semplici leggende, quando l’eroina è seduta su un muricciuolo, con un cappello bianco e una sciarpa cerula, ecco — inaspettatamente — il Prince Charmant passa, la vede, s’arresta....
«Ahimè! nella vita non è così. La vita è un pesante romanzo moderno in cui appare e scompare tanta gente superflua e soporifica; e in cui l’eroina ha degli amanti noiosi, che si assomigliano tutti come una fila d’ometti tagliati nella carta. E invano vi si aspetta l’inaspettato.
«Io sono qui sul muricciuolo con la mia sciarpa cerula, mentre voi siete a tremila miglia lontano da me....
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«Buon giorno, ancora. Sono sempre qui su quest’isola, a vivere di cose ingenue: d’erbaggi, e di tramonti,