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162 annie vivanti


— Oh! no, grazie.

— «Allez, allez donc», — interpose la vecchia signora; — «vous savez bien, les hommes! Ça pourrait ne pas rentrer».... — Poi soggiunse: — Io sono qui da dodici anni. Questo mio nipotino è nato in questo Hôtel. Potete andare tranquillamente. Il vostro piccolo angelo sarà ben custodito.

Allora Nancy ringraziò e tornò disopra a prendere il cappello. Anne-Marie dormiva e non si mosse.

Nancy uscì con passo esitante dal giardinetto, e volse nella direzione del Casino. Le strade a quell’ora e in quella stagione erano quasi deserte. Nel suo semplice vestito da viaggio nessuno badava a lei. Passando davanti all’Hôtel de Paris vide la gente che pranzava ai tavolini illuminati da lampadette rosse. Sulla piazza, sulle panche in giro alla grande aiuola di fiori, della gente sedeva in crocchi; e dirimpetto, nel Café de Paris, gli tzigani in giubba rossa suonavano «Sous la feuillée».

D’un tratto Nancy si sentì smarrita e spaventata. Perchè era qui? Che cosa faceva, sola, di notte, in questo luogo ignoto? E la piccola, la sua piccola che dormiva in quel gran letto tutta sola in un albergo sconosciuto? Le pareva di fare un sogno folle e incoerente. Spaurita e triste si affrettò.

Un uomo, passando, le disse: «Bonsoir, mademoiselle!» E Nancy si mise a correre, e salì, col cuore che la soffocava, la gradinata del Casino. Fece per andare nell’atrio, illuminato e gaio, ma due uomini in livrea azzurra e scarlatta la fermarono, domandandole qualche cosa ch’ella non comprese. Le fecero segno di entrare a sinistra in una sala aperta dove, dietro a due lunghi banchi, sedevano degli uomini che parevano giudici o avvocati, e avevano l’aria di aspettarla.

Essa si avanzò incerta; poi si fermò davanti a uno