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160 annie vivanti


nibus. Poi tirò giù la valigia. — «Voilà la valise». — E la pose in terra.

Nancy disse al facchino di prenderla. Ma tanto lui come il conduttore si mostrarono assai sorpresi.

— «Quoi»? — disse il conduttore, — «et moi donc? Pas de pourboire»?

Il facchino sorrise, sputò, e disse a Nancy:

— «Faut lui donner son pourboire».

Allora Nancy diede cinquanta centesimi al conduttore, e disse al facchino di portare la valigia all’Hôtel des Colonies. Egli se la caricò sulla spalla e s’avviò prontamente. Salì rapido la scalinata che conduce alla piazza del Casino.

Nancy lo seguì, con Anne-Marie aggrappata alle sue gonne. Appiè della scalinata sedeva una donna con una cesta di aranci, e ne profferse a Nancy. Ma Nancy disse: «non, merci», e proseguì frettolosa. Ma Anne-Marie voleva un’arancia. Era stanca, e aveva fame, e si mise a piangere. Allora Nancy tornò indietro e comprò un’arancia. Poi, presa in braccio la piccina, si affrettò su per i gradini dietro al già lontano facchino.

In cima alla scalinata si fermò, guardandosi dintorno.

Era un chiaro crepuscolo di giugno. Là dove il cielo era più pallido, la luna novella pareva un piccolo taglio nel firmamento, un taglio netto e sottile, traverso cui — come per uno spiraglio — il buon Dio concedeva agli umani d’intravvedere il fulgore del suo Paradiso.

Anne-Marie ricominciò a piangere perchè voleva che la mamma sbucciasse l’arancia; e Nancy, che voleva affrettarsi dietro al facchino, dovette fermarsi. Sollevò la bambina, la baciò, la consolò, la fece sedere sul parapetto della scalinata e, sedendole vicino, pelò l’arancia. Tanto, la sua valigia a quest’ora era probabilmente sparita per sempre. Ma che importava? Nulla pareva di