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144 annie vivanti


Attraverso la porta socchiusa Nancy udiva le loro voci sommesse e bisbiglianti; e ne sentì un vago e languido piacere. Ma ecco che un altro suono le colpì l’orecchio: un suono dolce, staccato, regolare — che pareva il lento battito d’una pendola. Quel suono le dava un senso di calma profonda e soave. Volse il capo sui guanciali e guardò. Era la culla!

Accanto vi sedeva, sonnecchiando, la Suora, reggendosi la fronte con una mano, mentre coll’altra, posata sulla sponda della culla, faceva, anche nel dormiveglia, la dolce mossa automatica del ninnare.

Nancy sorrise e richiuse gli occhi. Quel battito regolare la sopiva, e la riconduceva verso il sonno. Ella si sentiva ineffabilmente tranquilla, illimitatamente felice.

Era finita l’attesa; erano passati i timori. Ora la vita si apriva più vasta sopra più vasti orizzonti. L’anima sua era placata, appagata e senza desiderio.

Ed ora, con un sommesso tremito di gioia, le tornò nella memoria il suo Libro; il suo Libro che la aspettava, fermo dove ella lo aveva lasciato quella sera in cui l’avvenire aveva pulsato entro il suo seno. L’opera che doveva vivere la chiamò con voce piana, e le ripiegate ali dell’aquila fremettero...


Nel crepuscolo oscillante della culla la creatura aprì gli occhi e pianse:

Ho fame.