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i divoratori | 141 |
Nancy si passò rapidamente la mano sulla fronte, ricacciando all’indietro i morbidi capelli scompigliati. Poi guardò nervosamente Aldo. Egli sedeva all’altro lato del tavolo con dei fogli di carta da musica davanti a sè. Il cerchio di luce della lampada gli pioveva pacatamente sul lucido capo chino. A Nancy parve ch’egli avesse l’aria tediata e triste.
— Che c’è, Aldo? — gli chiese, stendendo verso di lui attraverso la tavola una mano affettuosa.
Nella esuberante gioia dell’ispirazione, essa si sentiva molto tenera e pietosa.
— Oh, niente, niente, — sospirò lui. — Avevo l’idea di scrivere un preludio. Ma non posso far nulla senza provarlo al pianoforte. E ciò ti disturberebbe. Non importa, non importa! Non curarti di me.
— Ma certo che mi curo di te, — disse Nancy; e alzatasi gli andò vicino e si chinò su di lui, posandogli con affetto una mano sulla spalla. E vedendo sul foglio davanti a lui una riga di minime e di semiminime, sorrise, ricordando che nella sua infanzia le parevano ometti che s’arrampicassero sopra uno steccato orizzontale.
— Sai bene, — disse Aldo passando e ripassando la penna sulla faccia di uno degli ometti e facendolo diventare più grande e più nero degli altri, — sai bene che Ricordi pubblicherà quelle mie romanze; ma credo che le abbia accettate solamente perchè le parole sono tue... Allora ho pensato di scrivere una cosa che fosse tutta mia... una specie di preludio, come l’«Après-midi d’un Faune». Ma sarebbe proprio necessario che lo provassi al pianoforte...
— Lo so, povero caro, — disse Nancy, accarezzandogli i morbidi capelli. — Lo so, che sono una cattiva e perfida egoista che mette a soqquadro tutto, con questo mio Libro. Ma abbi pazienza, abbi pazienza! — E Nancy