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118 | annie vivanti |
che restar senza pane; e che infine un Aldo ammogliato era sempre meglio che nessun Aldo. Allora si diede a guardare più attentamente Nancy dicendosi che, dopo tutto, Nancy era una creaturina di cui un uomo si stancherebbe presto, nonostante — o appunto per — la sua intellettualità. Aldo, per Clarissa, non era un giardino chiuso. Ella ben conosceva i magri fiori delle sue aiuole.
Una settimana monotona e afosa si trascinò sui loro cuori senza notizie di Aldo. Infine Clarissa gli telegrafò a Milano. Disse di aver parlato a Carlo del suo desiderio di sposar Nancy; Carlo approvava. Che Aldo dunque tornasse. Tornasse presto. Tornasse subito.
Va bene. Aldo era disposto a tornare. Aspettò ancora un giorno o due e poi, verso la chiusa di un caldo pomeriggio, entrò nel giardino della villa come ne era uscito; traversò placido e disinvolto il sonnacchioso prato vibrante del ronzìo delle api, e si fermò sulla soglia del piccolo padiglione dove Nancy era seduta a leggere una lettera. Aldo vide che era una lettera lunga. Due dei foglietti azzurri, già letti, erano caduti in terra.
Sul tavolo di sasso davanti a lei era il calamaio, e la penna d’avorio, e il Libro. Quando l’ombra di Aldo oscurò il limitare, Nancy alzò gli occhi.
Vedendolo, ella trasalì e il suo viso si fece di un pallore latteo; quella subitanea opaca chiarità, quasi di svenimento, scosse i nervi di Aldo.
Egli si chinò sulla piccola mano ch’ella gli stendeva, e disse ancora una volta:
— Sono lo schiavo suo, signora.
Ma allorchè egli alzò gli occhi, essa comprese di aver udito male. Certo egli le aveva detto:
«Sono il tuo padrone, Nancy!»
— Chi le scrive? — domandò il giovane, accennando alla lettera.