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i divoratori 113


Clarissa approvava col capo e sorrideva; e la carrozza svoltò nel viale di castagni della villa Solitudine. E Nancy, alzando gli occhi, vide, con suo stupore, Aldo scendere i gradini venendo ad incontrarle. Aldo, vestito di flanella bianca con una fascia rossa intorno alla cintura e la lucida testa nera scoperta al sole! Tre o quattro grandi cani gli balzavano intorno latrando.

— Guarda, — disse Clarissa, additandolo a Nancy. — Non ti rammenta Endimione desto al bacio di Diana? Narciso!... Adonais!... Gli Dei hanno riversato su di lui tutta la bellezza del mondo!

Siccome Nancy non rispondeva, Clarissa si volse a guardarla.

— Uh! che faccia scura, ma chérie! E sei tutta impallidita! Perchè? A che cosa pensi?

— Al Libro, — disse Nancy.

E le parve che il Libro fosse una sua creatura, condannata a morire prima di nascere.

— Lo scriverai, mon ange! Aldo non ti disturberà.

E gettate le redini a un piccolo groom rigido, Clarissa raccolse con mossa aggraziata le gonne e scese tra le braccia di Aldo.

Nancy aveva già posto il piede sul predellino, ma Aldo la prese per la vita, e lesto e leggiero la sollevò e la mise in terra. La bocca rossa e ridente del giovane era così vicino alla faccia di Nancy, che essa impallidì un poco.

Col suo cerimonioso saluto meridionale Aldo le baciò la mano.

— Schiavo suo, signora.

... Nancy andò nella sua camera — la grande camera vuota con la vista celeste del lago — e vi rimase tutto il pomeriggio. Riordinò i suoi appunti, spiegò davanti a sè i larghi fogli di carta bianca, e intinse nel grande calamaio la penna d’avorio.