Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/110

98 annie vivanti

in una stanza con dei libri, una tavola, un calamaio e niente altro, — disse.

— Oh, come lo vorrei anch’io! — esclamò Nancy. — Neanche un’anima mi dovrebbe parlare! E quando avessi fame mi fareste passare del «plum-cake» per la finestra.

L’inglese rise, del riso breve e subitaneo di chi ride poco.

— E io starei di fuori con un fucile — disse — a camminare su e giù.

Nancy lo guardò, e un pensiero timido e rapido — come un uccelletto che entri a volo in una finestra aperta — si affacciò un istante alla sua mente. Forse sarebbe dolce di avere, fra lei ed il mondo, questa severa ed energica sentinella; dolce, forse, di sentire la fermezza del suo tocco sulla sua spalla, obbligarla al lavoro, a quel lavoro che essa amava tanto e che pure era pronta a trascurare per rispondere all’appello di ogni voce passante. Quel grave viso affronterebbe la vita per lei, quelle forti spalle porterebbero i suoi fardelli, quegli occhi semplici e onesti le guarderebbero nell’anima e la serberebbero pura e serena... Poi il pensiero alato volò fuori dalla finestra della sua mente. La porta si aprì e il Destino entrò nella sua vita.

Era Aldo Della Rocca, più che mai visualmente dilettevole. Con lui venivano Nino e sua sorella Clarissa.

Nino pareva triste e depresso. La Villari lo tempestava di lettere, la sua coscienza lo tenagliava di rimorsi. E Aldo Della Rocca, colla sua presuntuosa bellezza, gli urtava i nervi.

— Come? Nino! di nuovo qui? — disse Nancy ridendo. — Mi hai detto iersera che d’ora innanzi non saresti più venuto che due volte alla settimana.

— Precisamente, — rispose Nino. — Ieri era l’ultima