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96 | annie vivanti |
Nancy rise. Ma non credette una sillaba del discorso sulla lepre.
Quando la lasciarono alla porta di casa sua, ella rispose al profondo saluto di Aldo con un piccolo cenno della testa, serio e soave; poi corse su per le scale ed entrò nella sua camera.
Sul suo scrittoio giaceva una lettera, non aperta. Ma Nancy non si curò di guardarla. Già, era di Nino... Egli le scriveva ogni mattina e veniva a trovarla ogni sera.
Nancy corse subito sul balcone. Ma il tilbury aveva già svoltato l’angolo e non si vedeva più.
Nancy rientrò nella sua stanza e si tolse lentamente i guanti. Sentiva una grande e irragionevole gioia per il fatto che i polsi le dolevano ancora dallo sforzo fatto per tenere le redini, e che le sue delicate dita erano contuse e indolenzite. Dalla finestra aperta entrò il vento, e sparpagliò tutte le carte che erano sulla scrivania.
Sparpagliò la lista di ciò che Nancy doveva fare; e l’orario delle sue giornate; e la lettera di Nino; e portò via, svolazzante e vano, il grande foglio di carta — il bianco foglio, pieno di splendide possibilità, su cui Nancy aveva tracciato con indice riverente il segno della croce.
XIII.
Quando l’inglese tornò per portarle il numero della «Fortnightly» contenente il suo articolo, «Una poetessa italiana», trovò che Nancy non aveva lavorato affatto. Era lì, sorridente e soave; e oziosa come prima; e la sala era piena di gente.
Egli venne presentato alla madre, che trovò mite