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i divoratori 95


— Ma sì, posso! posso! — gridò. — Vada presto! non tema per noi!

Egli fece una piccola smorfia curiosa, quasi un sorriso, poi saltando dalla vettura traversò la strada correndo e si slanciò sul gruppo selvaggio, che si dibatteva, piegando in qua e in là come sbattuto dai marosi. L’uomo ruggiva, sempre col braccio teso in aria. In un attimo Della Rocca gli fu addosso, e torcendogli la mano, gli strappò dalle dita la rivoltella.

Con rapido atto ne aprì la canna, scotendo per terra le cartucce. Poi gettò l’arma a un uomo che accorreva con altri da una vicina osteria. Indi in due salti fu di nuovo davanti al tilbury. Alzò i bellissimi occhi su Nancy, e sollevando il cappello con quel gesto largo e affettato che già prima l’aveva fatta sorridere, disse:

— Perdoni se l’ho fatta aspettare!

— Dio! Che poseur, — esclamò Clarissa, che fino allora aveva tenuto gli occhi chiusi e le orecchie turate per non vedere nè sentire.

Della Rocca sorrise, e, balzando in scerpa, prese le redini dalle mani protese e tremanti di Nancy. Essa si lasciò ricadere al suo posto, snervata e turbata. I cavalli diedero un balzo e ripresero la strada.

— Che sangue freddo! — disse Clarissa prendendo fra le sue una manina di Nancy.

— Sì, — disse la fanciulla guardando ora con approvazione le spalle rigide, i capelli neri e l’irreprensibile cappello davanti a lei. — Mi piacciono gli uomini coraggiosi.

Clarissa diede un piccolo strillo.

— Ih! Che dici? Non è mica Aldo che è coraggioso, sei tu! Aldo è prudente come una lepre. Ma essendo anche un incorreggibile posatore, non manca mai l’occasione di un effetto. — E Clarissa imitò il saluto di Della Rocca, sollevando con gesto di principesca grazia un immaginario cappello.