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i divoratori 93


Scesero le scale correndo, e davanti alla porta nel tilbury, videro Aldo Della Rocca, che teneva, con redini tese, i sauri impazienti. Colla punta della frusta solleticava le loro orecchie, perchè s’inalberassero, col collo curvo e la bocca schiumante.

Egli era davvero «un incanto». Il suo profilo, come Nancy lo vedeva spiccare sul chiaro cielo di giugno, era simile a quello dell’Hermes di Prassìtele. Ed ella notò i lucidi capelli ondulati splendenti di un nero quasi azzurro, quando, salutandola, egli sollevò il cappello — con un largo gesto, un poco affettato, che la fece sorridere.

Salirono leste, e sedettero dietro a lui; gli impetuosi cavalli staccarono il trotto, e balzarono giù per il corso e fuori verso i bastioni con passo velocissimo.

Di quando in quando Clarissa dava un piccolo grido spaurito, ma poichè Aldo pareva non accorgersene, ella presto cessò.

— Ebbene? Cosa t’ho detto? Vedi come è seraficamente bello? — disse, accennando con dito estatico la schiena rigida e snella del cognato. — Sempre dico a Carlo: Ah, perchè, perchè il destino non ha voluto ch’io incontrassi prima di te l’apollineo tuo fratello?

Nancy sorrise:

— Ma mi pare molto giovane questo signore.

— Ha ventiquattro anni, viperetta che sei! — disse Clarissa, — del resto, è stato tanto viziato dalle donne di Napoli, che potrebbe avere mille anni, per tutto quello che sa!

— Bah! che orrore! — fece Nancy guardando sdegnosamente le inconscie spalle davanti a lei, e il colletto alto, e i lucidi capelli neri, e infine l’irreprensibile cappello, correttamente piantato in cima a tutto ciò.

— Oh, sì! Aldo è un orrore! Ma quanto è visualmente dilettevole! — E Clarissa rise piano, giù nella gola, come una tortora innamorata.