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32 vita nuova xiii 8 - 10


Tutti li miei penser parlan d’Amore;
     e hanno in loro sì gran varietate,
     ch’altro mi fa voler sua potestate,
     altro folle ragiona il suo valore,
     altro sperando m’aporta dolzore,
     altro pianger mi la spesse fiate;
     e sol s’accordano in cherer pietate,
     tremando di paura, che è nel core.
Ond’io non so da qual matera prenda;
     e vorrei dire, e non so ch’io mi dica:
     così mi trovo in amorosa erranza.
     E se con tutti voi far accordanza,
     convenemi chiamar la mia nemica,
     madonna la Pietà, che mi difenda.


Questo sonetto in quattro parti si può dividere1: ne la prima dico e soppongo che tutti li miei pensieri sono d’Amore; ne


4. folle. La lezione forte, proposto dal Giuliani, accolta in D’Anc.1, e a cui anche il Carducci fa buon viso, non ha alcun fondamento nei Mss. Il Giuliani pensa che «solo essa inchiude il concetto che Dante aveva sovresposto nella prosa: Non buona è la signoria d’Amore, perchè quanto il suo fedele più fede gli porta, tanto più gravi e dolorosi punti gli conviene passare». Ma corrispondenza fra la prosa e la poesia c’è pure, e anzi più piena, se intendiamo che folle (non buona, non ragionevole) venga detta la signoria (il valore) d’Amore, appunto perchè conduce i suoi fedeli a gravi e dolorosi punti. Lo stesso pensiero si ha in un sonetto di Chiaro Davanzati (‘Molti omini vanno ragionando’), dove d’Amore è detto:


... non à in sè nè senno nè misura
nè cosa c’omo possala laudare,
ma doppio è di tormento o di rancura.
Chi più lo serve più lo fa pensare,
E già di meritar non mette cura:
Dunque è tutto di folle adoperare.


Cfr. la canz. ‘Talento agio di dire’ (Vat. 3793, n° ccxxxv), v. 63, 64:


om non è detto sagio
perch’al suo servo afende;


e cfr. pure la canz. di m. Iacopo Mostacci ‘Umile core’, secondo il testo stabilito dal Gaspary (Scuola siciliana, p. 36) sui codd. Vat. 3793 e Pal. 418:


Umile core e fino e amoroso
Già fa lungia stagione c’è portato
Buonamente ad Amore;
Di lei avanzare adesso fui pensoso
Oltre podere; s’eo n’era afanato
Nè·nde sentìa dolore,
Pertanto non da lei partìa coragio,
Nè mancav’a lo fino piacimento,
Fin ch’io non vidi in ella folle usagio
Lo quale avea; cangiat’ò (lo qual m’ave
cangiato?) lo talento.


16. soppongo, pongo sotto gli occhi, è di tutti quattro i gruppi: propongo o prepongo è solo in b3.
16. sono d’amore. Cas., Beck,

  1. k si diuide.